Telecom: Fnsi insiste, richiesta con Bernabè per La7, vicenda grave e esasperante
“La vicenda de La7 è ormai diventata esasperante. Il piano di 25 licenziamenti collettivi di giornalisti, anche alla luce delle ultime preoccupanti notizie sul progetto dei tagli della casa madre Telecom, appare sempre più arido e devastante e non utile a determinare un futuro importante alla testata. Lo sciopero audio video dei colleghi è una risposta a una situazione che non può consumarsi mettendo sulla strada incolpevoli professionisti pronti e disponibili solo a fornire il massimo del proprio impegno e la qualità del proprio lavoro, quale fattore decisivo per la tenuta e la crescita di un’impresa nel sistema editoriale. I giornalisti non sono un semplice fattore di costo; sono il valore fondamentale di qualsiasi impresa che proponga informazione. La centralità delle redazioni non può essere superata attraverso le esternalizzazioni, che debbono essere l’eccezione e non la base di un’iniziativa imprenditoriale. Non è il tempo dei giornalisti divi ma dei giornalisti lavoratori intellettuali che debbono essere considerati nella loro capacità e dimensione vitale il patrimonio centrale di un’impresa di informazione.
Il nuovo piano industriale annunciato dall’amministratore delegato Bernabè non può essere risolto con annunci in qualche piazza finanziaria europea. A questo punto anche su Telecom Italia Media proprietaria di La7, è necessario fare un punto più ampio in un corretto confronto che coinvolga la società madre e i sindacati.
Per questo motivo, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana -concretamente solidale con i colleghi giornalisti di La7 - ha rilanciato anche formalmente la richiesta di incontro con il dottor Franco Bernabè, amministratore delegato di Telecom Italia Spa, per un confronto di valore strategico sulle azioni del gruppo anche in relazione del futuro di Telecom Italia Media.”
TELECOM,LA 7: MARRAZZO(LAZIO),GRAVI RIPERCUSSIONI DA ESUBERI
'Sono vivamente preoccupato per le notizie che giungono sui possibili esuberi di Telecom e La 7.
Il Piano di esuberi da parte di Telecom potrebbe infatti avere gravissime ripercussioni sui lavoratori del Lazio. Vogliamo quindi capire con la massima urgenza quanto pesera' sulla nostra regione l'annunciato piano'. E' quanto afferma ina una dichiarazione il presidente della giunta regionale del Lazio
Piero Marrazzo, il quale sottolinea che 'il Lazio sta gia' pagando pesantemente le conseguenze della crisi Alitalia, e un'altra ferita al proprio tessuto produttivo e al proprio territorio e' una pessima notizia che non possiamo accogliere passivamente. Da oggi, inoltre, i giornalisti de La 7 sono in
sciopero, di fronte alla minaccia concreta del licenziamento di 25 redattori. Seguo con viva preoccupazione anche la loro vicenda e, nell'esprimere a tutta la redazione la mia solidarieta', mi sento in dovere di lanciare un appello
all'azienda per trovare soluzioni alternative al licenziamento'.
CDR LA 7: SCONCERTANTE PIROSO MODERATORE CONVEGNO WELFARE DEL PD. CON LUI GIORNALISTI PRECARI FUORI DAL CONTRATTO E 25 LICENZIAMENTI
E' DAVVERO SCONCERTANTE LA SCELTA DI ANTONELLO PIROSO PER MODERARE IL CONVEGNO SUL WELFARE DEL PD.
IL DIRETTORE DE LA SETTE INFATTI NON SOLO HA FIRMATO MATERIALMENTE LA PROCEDURA DI LICENZIAMENTO, INFONDATA E IMMOTIVATA, DI 25 SUOI COLLEGHI, (CHE SEGUE IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO PER 12 PRECARI DI LUNGO CORSO) MA PREFERISCE IMPIEGARE, NELLE SUE TESTATE E NEI SUOI PROGRAMMI, PRECARI MALRETRIBUITI ASSUNTI CON PAGAMENTI A FATTURA O CONTRATTI DI COLLABORAZIONE, IN SPREGIO DELLE NORME DEL CONTRATTO DI LAVORO GIORNALISTICO.
CI CHIEDIAMO - E CHIEDIAMO AL MINISTRO OMBRA DEL WELFARE ENRICO LETTA - QUALI SIANO LE RAGIONI DI QUESTA SCELTA IN CONFLITTO CON LE RAGIONI DEL CONVEGNO, LE TRADIZIONI POLITICHE ALL'ORIGINE DEL PARTITO DEMOCRATICO, IL SUO PROGRAMMA E LA SUA RAGIONE POLITICA.
IL CDR DE LA 7
Stampa Romana: Perché Pd invita Piroso per parlare di precari?
Roma, 27 nov (Velino) - "Che idea ha – si chiede l’Associazione Stampa Romana - il Partito Democratico delle relazioni sindacali e del welfare? Francamente è difficile dirlo. Possibile che da un parte faccia un’interrogazione sul licenziamenti a La7, discussa oggi alla Camera, e dall’altra inviti il direttore del Tg dell’emittente, Antonello Piroso, a moderare un dibattito proprio sui temi del lavoro? Quel Piroso, ricordiamo, che ha posto la sua firma in calce alla richiesta aziendale di licenziare un quarto della sua redazione e che a tutt’oggi rifiuta di impiegare giornalisti della testata nelle sue trasmissioni, preferendo sfruttare dei precari assunti con pagamenti a fattura o con contratti di collaborazione?"
"Avremmo preferito – aggiunge il sindacato in una nota - che i vertici del partito alzassero alta la loro voce contro l’impoverimento dell’offerta informativa e la distorsione delle notizie appaltate ai soliti service o a società esterne, sempre le stesse, che quasi mai applicano il contratto di lavoro giornalistico. Dai democratici avremmo voluto sentire, e qualcuno l’ha fatto di sua iniziativa, levarsi la protesta per un licenziamento collettivo di giornalisti che colpisce proprio l’emittente che più di altre ha fatto dell’informazione il fiore all’occhiello. Invece, si preferisce dare una ribalta così prestigiosa a chi si schiera contro i propri colleghi e avalla una deregulation che mina il concetto stesso di contratto di lavoro e più in generale di welfare. ‘Oltre la crisi, l’impresa italiana riparte dal lavoro’, “Diritti al futuro, contrasto alla precarietà e tutela dei diritti’, sono due dei titoli del convegno del Pd: non suona un po’ strano – conclude Stampa romana - che a introdurre e moderare questi temi sia qualcuno che ha sottoscritto e avallato la richiesta di 25 licenziamenti?”.
Di Giovanpaolo ( Pd), interrogazione al ministro Sacconi: con i licenziamenti a La 7 Telecom stravolge il diritto del lavoro
Interrogazione orale con carattere d'urgenza ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento
Al Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali
premesso
che il 26 settembre 2008 la società Telecom Italia Media spa, quotata in Borsa e controllata da Telecom Italia, nelle persone dell'amministratore delegato e del direttore della testata giornalistica Tg La7, ha avviato una procedura di licenziamento collettivo per 25 giornalisti dello stesso Tg La7, facendo riferimento alla legge 223 del 1991;
che la procedura è tesa a colpire esclusivamente 25 dei circa 90 giornalisti del telegiornale, che rappresentano solo il 10 per cento dei dipendenti del gruppo Telecom Italia Media;
che la presunta necessità di licenziare 25 giornalisti è argomentata dai sunnominati dirigenti esclusivamente con le perdite di bilancio patite negli ultimi anni dal gruppo Telecom Italia Media nel suo complesso;
che nel documento con cui è stata aperta la procedura si sostiene altresì:
a) che i conti della rete televisiva La7 sono in peggioramento nel corso del 2008 esclusivamente a causa della contrazione del mercato pubblicitario e della decisione dell'azienda di investire maggiormente in programmi di intrattenimento e sport per aumentare l'audience;
b) che i programmi realizzati dalle testate giornalistiche di La7 hanno conseguito nel corso del 2007 un risultato negativo pari a circa 20 milioni di euro;
che nel corso del confronto sindacale previsto dalla stessa legge 223/1991 i rappresentanti del gruppo Telecom Italia Media si sono espressamente rifiutati di fornire ai rappresentanti dei lavoratori informazioni essenziali per capire il significato dei licenziamenti e in particolare: quali sono i programmi giornalistici considerati nel conteggio che porta a dichiarare la perdita di 20 milioni; quali sono in dettaglio i costi e i ricavi attribuiti alla testata per arrivare al saldo finale di 20 milioni di euro;
che la rete televisiva La7 (che secondo gli stessi vertici aziendali, come riportato nelle stesse relazioni di bilancio, si qualifica per la quantità e la qualità dei programmi di informazione), manda regolarmente in onda programmi giornalistici realizzati con ampio ricorso a lavoro giornalistico definito "abusivo" dai vertici della Fnsi (Federazione nazionale della stampa italiana), ovvero realizzati da decine di figure professionali inquadrate con contratti atipici (collaboratori a progetto, interinali, collaborazioni a partita iva, etc.), sia direttamente da Telecom Italia Media (per i programmi Omnibus, Omnibus Week End, Otto e mezzo, L'Infedele) sia indirettamente, attraverso società di produzione esterne, a titolo esemplificativo la società Magnolia per il programma Exit, la società H24 per il programma Istantanea, la società Endemol (appartenente al gruppo Mediaset) per il programma Le invasioni barbariche, la società Wilder per il programma Tetris, il gruppo Class per il programma Linea mercati;
che, sempre a titolo esemplificativo, i rappresentanti sindacali dei giornalisti hanno rilevato, non smentiti, come il programma Exit costi a La7 circa 200 mila euro a puntata, quanto la Rai spende per Annozero di Michele Santoro; e come il programma Lineamercati - due appuntamenti giornalieri da circa un minuto e mezzo ciascuno (il primo all'apertura dei mercati al mattino, il secondo dopo l'una di notte) in cui un addetto della televisione concorrente Cfn-Cnbc, in collegamento audio-video, riferisce dell'andamento dei mercati borsistici, costi circa mille euro al minuto, per un montante annuale equivalente al costo di almeno sei giornalisti;
che sono rimaste senza alcun riscontro le richieste di informazioni e chiarimenti da parte dei rappresentanti sindacali dei giornalisti (rivolte sia al tavolo di confronto sindacale per la procedura di licenziamento collettivo, sia al presidente di Telecom Italia Media, sia all'azionista di controllo, nella persona dell'amministratore delegato di Telecom Italia Franco Bernabè) sulla logica industriale di appaltare a società esterne, a costi molto alti e spesso ingiustificati, programmi di informazione tranquillamente realizzabili dai giornalisti dipendenti;
che peraltro gli stessi dirigenti di Telecom Media e La7-TgLa7 argomentano nel documento di apertura della procedura di licenziamento collettivo, a sostegno della volontà di ridurre l'organico redazionale, che la redazione del Tg5 avrebbe una produttività superiore del 30 per cento rispetto a quella della redazione del Tg La7;
si chiede al Ministro del Lavoro:
- quali iniziative intenda mettere in atto il governo per far luce sui contorni preoccupanti della vicenda e per fermare il grave attacco ai diritti dei lavoratori portato avanti dal gruppo Telecom Italia;
- se non ravvisi in questa vicenda: a) la volontà del gruppo Telecom Italia di stravolgere, attraverso la politica dei fatti compiuti, le basi stesse del diritto del lavoro, puntando a un utilizzo della legge 223 del 1991 per licenziare dei dipendenti senza dichiarare in quale strategia di rilancio aziendale sia inquadrata l'operazione, senza collegare i licenziamenti ad alcuna riduzione della produzione, ma anzi affiancandoli a ripetute dichiarazioni ufficiali secondo le quali i programmi d'informazione restano essenziali per La7 e sono destinati a ulteriore sviluppo; b) la volontà del gruppo Telecom Italia di utilizzare la legge 223 del 1991 per aprire la strada a modificazioni sostanziali del mercato del lavoro giornalistico, allargando l'area del lavoro precario e sottopagato, quando non del tutto irregolare, e restringendo l'area del regolare lavoro dipendente normato dalla legge istitutiva dell'Ordine dei giornalisti e dal contratto collettivo nazionale del lavoro giornalistico.
18 novembre 2008
Roberto Di Giovan Paolo
Legislatura 16º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 088 del
11/11/2008
intervento del senatore Roberto Di Giovanpaolo
DI GIOVAN PAOLO (PD). Signora Presidente, desidero innanzitutto dire che ci associamo alla protesta degli amici radicali, perché il problema della Commissione di vigilanza RAI, come ha detto lei e com'è stato giustamente ricordato anche dal collega Perduca, non è solo un'ossessione dei radicali, ma è un problema di rilevanza costituzionale.
Vorrei però ribadire una richiesta che avevo fatto la scorsa settimana e che vorrei la Presidenza prendesse in considerazione. Noi ci troviamo, oltre che con la questione RAI aperta, in una situazione in cui da quattro anni i giornalisti sono senza contratto. Inoltre, c'è la programmata ipotesi del licenziamento di 25 giornalisti dell'emittente «La7». Ci sono quasi 9.000 precari tra i giornalisti italiani e secondo, gli ultimi dati ISTAT, sostanzialmente la diffusione di copie dei quotidiani è la stessa del 1948, cioè di 8 milioni, ma per la prima volta c'è una diminuzione del venduto (6,5 milioni di copie), ma anche del milione e mezzo di copie vendute che sono copie free.
Si pone, quindi, una questione dell'informazione nel nostro Paese e vorrei che, al di là degli schieramenti, essa potesse diventare una questione importante, perché si tratta di un problema di rilevanza costituzionale. Sarebbe bello se potessimo dedicare una sessione specifica a questo tema o, quantomeno, che la Commissione specifica se ne occupasse. (Applausi dal Gruppo PD).
VITA (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VITA (PD). Signor Presidente, vorrei associarmi alla proposta - che condivido - del senatore di Di Giovan Paolo, perché il tema dell'informazione è diventato di assoluta rilevanza e drammaticità.
PRESIDENTE. Senatore Di Giovan Paolo, concordo sull'importanza della questione relativa al contratto dei giornalisti e alla situazione dei precari. Questo è anche un meccanismo con il quale si garantisce la libertà d'informazione. La Presidenza prende atto della sua richiesta.
I giornalisti di La7 scrivono all'editore
Gentile dottor Bernabè,
l’amministratore delegato di Telecom Italia Media, Giovanni Stella, ha avviato una procedura di licenziamento collettivo nei confronti di 25 giornalisti del Tg La7, della quale non siamo ancora riusciti a farci spiegare le ragioni, a dispetto degli obblighi di legge.
Stella ha dichiarato che deve risanare i conti della società perché gli azionisti, dei quali lei rappresenta il principale, sono a suo dire “molto incazzati”. Ricordiamo effettivamente che lei, poche settimane dopo il suo insediamento, fece sapere che il gruppo Telecom le risultava “spolpato” dalle precedenti gestioni. Vorremmo pertanto sapere se considera anche T.I. Media “spolpata”, e in caso affermativo da chi.
Stella ci scrive che in 5 anni il fatturato di La7 è cresciuto del 78 per cento, ma anche le perdite sono cresciute. Infatti – ma questo Stella non lo dice – durante la gestione Tronchetti Provera i costi sono cresciuti del 60 per cento. Stella però ci ha fatto sapere, nel modo colorito che lei ben conosce, che La7 è stata spolpata dagli stipendi delle star e dai ricchi contratti che “hanno fatto felici” le società di produzione esterna.
Adesso ci presenta un bignamino di piano industriale da cui risulta l’obiettivo di aumentare la raccolta pubblicitaria attraverso consolidamento degli ascolti e riduzione significativa dei costi, ma “salvaguardando la qualità della rete”. All’ultima assemblea di bilancio di T.I. Media il presidente del collegio sindacale ha spiegato a un piccolo azionista critico che “è assai difficile immaginare di poter incrementare lo share complessivo comprimendo ulteriormente i costi”. Il dottor Stella invece ha più immaginazione: vuole aumentare la pubblicità senza far crescere lo share, oppure vuol far crescere lo share tagliando i costi, chissà….
Però non ci comunica i dettagli che determinano il nostro destino, e per questo siamo in sciopero: perché, per esempio, non ci dice perché, mentre vuole licenziare 25 giornalisti per tagliare i costi, compra dalla Magnolia un programma giornalistico come Exit che costa quanto Annozero di Michele Santoro ma fa ascolti dieci volte inferiori? E perché non ci dà notizie dell’eterno contratto con il gruppo Class, con cui compriamo a carissimo prezzo giornalismo televisivo da una società concorrente?
Noi saremmo lieti che l’amministratore delegato ci spiegasse che cosa ha in mente, perché glielo impone la legge e perché sono in gioco i nostri posti di lavoro, e pertanto le rivolgiamo un appello perché, come azionista di controllo, chieda alla sua controllata un comportamento più rispettoso dei suoi dipendenti.
Distinti saluti,
il comitato di redazione di La7
Perchè La7 vuole licenziare i giornalisti
Perché si vogliono licenziare i 25 giornalisti de La7? E’ la domanda che da qualche settimana il sindacato dei giornalisti, territoriale e nazionale, si sta facendo senza trovare una risposta convincente fra quelle che la controparte, Telecom Italia Media, propone al tavolo della trattativa. Ho chiesto a un collega di un’importante testata, esperto di economia (che ho battezzato Geronimo, come il grame capo Apache), di dare un’occhiata alla carte e provare a ipotizzare una risposta. L’articolo qui sotto è il risultato del suo lavoro. Credo che il sindacato, la politica e tutti quelli che hanno a cuore la sorte dei lavoratori ne debbano tenere conto.
Paolo Butturini
Consigliere segretario
Dell’Associazione Stampa Romana
La richiesta di licenziare 25 giornalisti del Tg La7 è basata su ragioni talmente deboli e contraddittorie da far chiedere quale sia la vera ragione. La risposta possibile è una sola. L’amministratore delegato Stella e il suo azionista di controllo, Franco Bernabé, hanno un problema di immagine. Per tenere in piedi La7 – con i conti devastati dalle gestioni precedenti - devono ottenere che Publitalia allenti la sua morsa (La7 ha il 3 per cento degli ascolti ma molto meno del 3 per cento della pubblicità); e devono fare sì che Telecom Italia compri dalla sua tv quei prodotti multimediali che, per decine di milioni di euro, la gestione Tronchetti Provera ha dirottato su altri fornitori, tra cui la stessa Mediaset. Per legittimare le sue richieste, Stella non può far altro che far vedere quanto è severo nella sua azione di risanamento. Cosa c’è di meglio che offrirsi come ariete per l’attacco frontale al lavoro giornalistico?
La procedura di licenziamento collettivo aperta dalla Telecom Italia Media per 25 giornalisti del Tg La7, infatti, sfida il sindacato a misurarsi con il tentativo degli editori (in questo caso il gruppo Telecom) di imporre il ridimensionamento degli organici redazionali su base del tutto discrezionale, al di là di ogni motivazione economica. Da questo punto di vista il documento con cui l’amministratore delegato di T.I., Media Giovanni Stella e il direttore del tg Antonello Piroso hanno aperto la procedura, è un esempio che tutti i colleghi dovrebbero studiare, tante e tali sono le argomentazioni infondate e/o contraddittorie portate a supporto della volontà di licenziare oltre un quarto della redazione.
Stella e Piroso dicono in primo luogo che La7 è una tv di successo. Negli ultimi cinque anni, anni difficili per il mercato della pubblicità televisiva, comunque dominata dal duopolio Rai-Mediaset, i ricavi di La7 sono cresciuti nientemeno che del 78 per cento, e questo anche grazie al lavoro dei giornalisti che hanno legato l’immagine della rete all’informazione di qualità, come tutti hanno constatato in questi anni. Però, dicono, anche le perdite sono aumentate. A quanto pare infatti i costi sono cresciuti del 50-60 per cento. Perché? Stando a pubbliche dichiarazioni dello stesso Stella, che però si è ben guardato dal ribadirle nella richiesta di licenziamenti, la precedente gestione di La7 (Tronchetti Provera-Campo Dall’Orto) ha largheggiato in appalti esterni a società di produzione. L’impressione è che si continui a largheggiare. La7 è una tv che si permette, mentre tenta di licenziare 25 giornalisti per risparmiare 3 milioni di euro all’anno, di comprare dalla società di produzione Magnolia un programma giornalistico, Exit, che costa quanto alla Rai Annozero di Michele Santoro, che fa ascolti da 5 a 10 volte superiori.
Certo, si potrebbe anche ipotizzare che per guadagnare ascolti e pubblicità si debba spendere di più per fare buona televisione. Come ha spiegato all’ultima assemblea degli azionisti il presidente del collegio sindacale, “è assai difficile immaginare di poter incrementare lo share complessivo comprimendo ulteriormente i costi”. Ed ecco invece che Stella e Piroso annunciano “un’incisiva azione di riduzione dei costi”, naturalmente “senza penalizzare la qualità del canale”. E naturalmente a partire dal 2009, perché scrivono loro stessi che quest’anno, nel primo semestre, le perdite sono cresciute di 9 milioni di euro. Motivi: 800 mila euro di minor raccolta pubblicitaria, il resto, oltre 8 milioni di euro, dovuti a “investimenti effettuati nei programmi di intrattenimento e sport (coppa Uefa), investimenti pianificati con l’obiettivo di conseguire un incremento del dato di audience nella fascia pregiata del Prime Time”. In realtà nel conto economico non si conteggiano gli investimenti ma la spesa corrente: dunque, mentre dicono di dover tagliare i costi di palinsesto, e perciò licenziare 25 giornalisti, i costi di palinsesto aumentano. Stella lo dice anche nella semestrale 2008: “Più in dettaglio la minor redditività operativa dell’emittente La7, oltre a risentire della riduzione dei ricavi, è da attribuirsi ai maggiori costi del palinsesto. In particolare sono stati sostenuti maggiori investimenti nei programmi di Intrattenimento e Sport (Coppa Uefa)”.
Il fatto è i vertici di Telecom Italia Media nei loro documenti glissano anche su dati noti e interessanti. Per esempio nel primo semestre 2008 i costi per acquisto di materiali e servizi esterni (parliamo sempre di spesa corrente e non di investimenti) sono saliti a 135 milioni di euro dai 104 del primo semestre 2007: 31 milioni in più, con una crescita del 30 per cento. Visto che chiedono di sacrificare 25 posti di lavoro per ottenere un risparmio di 3 milioni di euro all’anno, chiedere notizie di quei 31 milioni è legittimo o è una minaccia alla libertà di impresa?
Alla luce di quanto sopra, risulta singolare l’altro argomento di Stella e Piroso per licenziare 25 giornalisti: “I programmi realizzati dalle Testate giornalistiche di La7, come negli anni precedenti, hanno conseguito ancora nel corso del 2007 un risultato negativo, pari a circa 20 milioni di euro”. Strano. Come nasca questo numero (20 milioni di euro) nessuno lo vuole spiegare. Però pochi giorni prima di aprire la procedura per i licenziamenti Stella ha scritto nella semestrale 2008: “Le “colonne” del Day Time restano l’informazione, la divulgazione e la fiction, con un occhio di riguardo per gli eventi sportivi (…) Gioca un ruolo fondamentale anche la testata giornalistica di La7: il TG La7 delle 12:30 (2,6% di share) e l’edizione della tarda sera (3,4%) di fatto pareggiano il dato del 2007; l’edizione principale del TG (h. 20:00) realizza invece il 2,0% di share medio, ottenendo una crescita del 12% rispetto al 2007 (share 1,8%); inoltre, nel mese di giugno, il notiziario realizza il miglior risultato degli ultimi 3 anni (2,4%). L’area dell’informazione ha rafforzato il privilegiato rapporto con il proprio pubblico con una maggiore presenza di Speciali TG che hanno soddisfatto le esigenze di attualità straordinaria, come nel caso delle elezioni. Sono quasi 22 le ore dedicate del 2008, per una share media del 3,6% (+14% rispetto al 2007)”. L’informazione va dunque benissimo quando si parla al mercato finanziario, dove mentire è peccato, ma diventa un disastro quando si vogliono giustificare dei licenziamenti.
LA7: CN FNSI, ANCHE SCIOPERO GENERALE PER RITIRO LICENZIAMENTI
(AGI) - Roma, 6 nov. - Il Consiglio nazionale della Fnsi esprime la sua "preoccupazione per i tagli occupazionali
annunciati da La7, una vertenza di rilievo nazionale e di interesse per tutta la categoria". La richiesta di "venticinque licenziamenti in nessun modo motivati" e' per il sindacato dei giornalisti "un attacco non solo all'occupazione ma anche al pluralismo dell'informazione. Il sindacato ricorrera' a tutti gli strumenti a sua disposizione, fino allo sciopero generale, per ottenere il ritiro dei licenziamenti e contrastare in tutte le sedi qualunque soluzione unilaterale da parte dell'azienda". Allo stesso modo il Consiglio nazionale "impegna la Fnsi ad
analoga azione sindacale contro gli illegittimi licenziamenti a Telecitta' di Genova in violazione dello Statuto dei
lavoratori". (AGI)
GIORNALISTI: LA7; CONSIGLIO FNSI, PREOCCUPAZIONE PER TAGLI
ANSA) - ROMA, 6 NOV - Il Consiglio Nazionale della Federazione nazionale della stampa, riunitosi ieri a Roma, ha espresso "la sua preoccupazione per i tagli occupazionali annunciati da La7, una vertenza di rilievo nazionale e di interesse per tutta la categoria".
"La richiesta di 25 licenziamenti - spiega la Fnsi in una nota - in nessun modo motivati e' per il sindacato dei giornalisti un attacco non solo all'occupazione ma anche al pluralismo dell'informazione. Il sindacato ricorrera' a tutti gli strumenti a sua disposizione, fino allo sciopero generale, per ottenere il ritiro dei licenziamenti e contrastare in tutte le sedi qualunque soluzione unilaterale da parte dell'azienda".
"Allo stesso modo il Consiglio Nazionale impegna la Fnsi ad analoga azione sindacale contro gli illegittimi licenziamenti a Telecitta' di Genova - conclude la nota - in violazione dello Statuto dei lavoratori". (ANSA).
L'Associazione Stampa Romana contro il Direttore de La7
Piroso
Il segretario dell'associazione Stampa Romana Paolo Butturini, comunica:
"Chiederò alla Giunta di Stampa Romana di deferire ai probiviri dell'associazione il direttore de La7, Antonello Piroso, con la proposta di espellerlo dal sindacato. Credo sia, però, necessario segnalare il suo comportamento anche all'ordine dei Giornalisti perché verifichi che il suo comportamento sia o meno in linea con il dovere di "promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi" come stabilisce la legge istitutiva della professione giornalistica. Il collega, anche se fatico a usare questa parola, Piroso, si era già segnalato per la sua mancanza di solidarietà verso la redazione apponendo la firma al piano di Telecom Italia Media che chiede il licenziamento di 25 giornalisti. Ora ha passato il segno mandando in onda la trasmissione Omnibus nonostante lo sciopero dichiarato dalla sua redazione. Anche il comportamento di Piroso al tavolo della trattativa si era segnalato per un eccesso di zelo che sembra aver imbarazzato persino l’azienda. Prima di essere espulso – conclude il segretario di Stampa Romana – gli chiederò di mettersi in regola con le quote associative che non versa da tre anni, soldi che serviranno a difendere i colleghi che lui vorrebbe vedere messi in mezzo a una strada”.
Roma, 5 novembre 2008
Federazione Nazionale della Stampa Italiana
Roma, 3 novembre 2008
Prot. n. 197/C
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana comunica:
“Intervenendo oggi a Sassari all’Assemblea della Nuova Sardegna sugli sviluppi della vicenda contrattuale dei giornalisti, affrontando i temi dell’occupazione e delle crisi nel settore dell’editoria, il Segretario Generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Franco Siddi, a proposito della situazione de La7 ha tra l’altro detto:
“La vicenda de La 7 è paradigmatica delle condizioni di difficoltà che attraversano settori importanti dell’industria dell’informazione in Italia, sia per problemi economici che per questioni istituzionali.
Alla congiuntura che determina riduzione dei consumi e crisi degli investimenti, si affianca la debolezza di un settore, quello televisivo italiano, che oltre il duopolio Mediaset/Rai vede solo il grande sviluppo della Tv Satellitare del magnate internazionale Murdoch, che sembra non lasciare spazio a nessun altro competitore.
I nodi del mercato pubblicitario si fanno sentire tutti, tanto che il Terzo Polo della tv tradizionale, immaginato intorno a La7, si appresta a lasciare questo ruolo. E, quel che è più preoccupante, si vuole lasciare che l’attenzione per il Terzo Polo sia limitata a una questione residuale di minoranza.
L’idea che ora l’azienda proceda ad un sostanziale abbandono di funzioni attraverso una drastica riduzione degli organici giornalistici – operatori essenziali per fare informazione e assicurare pluralismo - del 25% è un fatto di grande delicatezza, che oltre le legittime preoccupazioni degli interessati che rischiano di perdere il lavoro, dovrebbe porre interrogativi all’intera comunità nazionale. Si tratta di un fatto che richiama l’esigenza di riforme e, l’apertura di un vero mercato libero nel settore dell’industria televisiva.
E’ di tutta evidenza che non può essere rimosso il nodo della concentrazione pubblicitaria e dei costi (produttivi e sociale che comporta) in assenza di una possibilità davvero concorrenziale di accesso a questo mercato.
La FNSI avverte una grande disattenzione pubblica sul tema. Ciò nonostante non accetterà mai di cancellarlo dalla propria agenda tanto più in presenza di un piano – come quello de La7 – che, per ridurre i costi, rinuncia a quote possibili di mercato pubblicitario, perchè – fa sapere - costerebbe troppo acquisirle e utilizza la leva dei licenziamenti per comprimere le uscite.
Il Sindacato dei Giornalisti – impegnato in una delicatissima trattativa con l’impresa - cercherà fino all’ultimo le soluzioni più idonee per scongiurare operazioni traumatiche e per richiamare il valore del lavoro giornalistico come condizione essenziale perché un’emittente importante sia vero soggetto di pluralismo.
La vicenda de La7, accanto all’esigenza di liberare il mercato pubblicitario, (fonte principale per la vita dell’emittente) pone in primo piano anche l’inadeguatezza legislativa su un altro punto: quello degli ammortizzatori sociali e degli interventi per lo sviluppo industriale del settore televisivo. Pochi sanno – e lo Stato finora lo ignora o rimuove il problema – che per il giornalismo dell’area televisiva non è previsto alcun ammortizzatore sociale se non in deroga, dipendente esclusivamente dalla volontà e dalle scelte dell’Esecutivo. C’è un problema di responsabilità sociale di grande rilevanza, da cui non può chiamarsi fuori aprioristicamente, oltre l’azienda, il Governo.”
GIORNALISTI: CDR LA7, AZIENDA SMANTELLA L'INFORMAZIONE /ANSA PROTESTA ALLA STAMPA ESTERA, CON NATALE, BUTTURINI, FAMMONI
(ANSA) - ROMA, 3 NOV - "Telecom Italia Media ha deciso di smantellare l'informazione su La7": impegnato nella vertenza con l'azienda, che ha avviato la procedura per il licenziamento collettivo di 25 giornalisti, il comitato di redazione della testata porta oggi la sua protesta nella sede della stampa estera a Roma. Il 10 novembre e' fissato il prossimo incontro tra le parti, nel giorno in cui si chiude la prima fase del confronto sindacale; in caso di mancato accordo, scattera' poi la fase successiva di altri 30 giorni al ministero del Lavoro.
Il cdr, rappresentato da Adalberto Baldini e Stefano Ferrante, mette sotto accusa in particolare "il duro attacco al pluralismo e alla democrazia in Italia" e "la violazione delle norme europee in materia di diritti sindacali e trasparenza dei dati: la legge - spiega Ferrante - prevede che sia data ampia facolta' alle parti di confrontarsi su questi temi, affidando quindi al sindacato poteri di cogestione e controllo, in un regime di parita'. Ma questo finora non e' avvenuto: l'azienda non ci ha fornito i conti disaggregati, ne' alcun dato assoluto sui costi. Si tratta, dunque, di licenziamenti al buio". Nell'ultimo incontro, spiega ancora il cdr, "l'azienda ha parlato di misure alternative al licenziamento: ma non accettiamo alcuna ipotesi di rinvio ne' siamo disposti a cadere nella trappola di una liquidazione forzosa".
Piuttosto, bilanci alla mano, il comitato di redazione spiega che "a fronte di 20 milioni di risultato negativo imputati al tg e ai programmi di informazione, si scopre che nel 2007 l'azienda ha speso 19 milioni per consulenze e prestazioni professionali: un fatto scandaloso, inaccettabile. E tuttora continua ad appaltare all'esterno prodotti giornalistici, tagliando fuori i colleghi della redazione". Il cdr punta anche il dito contro "la cessione delle attivita' di pay per view, un asset strategico, alla Airplus Tv: una decisione che rischia di favorire il monopolio di Mediaset sul fronte del digitale terrestre a pagamento". Anzi, Ferrante si chiede se La7 non stia pagando "il fatto di essere un ostacolo al possibile matrimonio commerciale e industriale fra Mediaset e Telecom nel settore dell'Iptv", la tv su protocollo Internet.
Numerose le testimonianze di solidarieta' alla battaglia dei giornalisti de La7. Se Piero Fassino ha inviato un messaggio di sostegno, il presidente di Articolo 21, Federico Orlando, chiede alla Federazione nazionale della stampa di "mobilitare la categoria, magari con un'ora simbolica di sciopero a sostegno della vertenza". Il segretario dell'Associazione stampa romana, Paolo Butturini, spiega che il sindacato ha chiesto a Ti Media di "recuperare la centralita' dell'informazione nella rete, utilizzando i colleghi con i piu' vari strumenti possibili", ma si definisce anche "stupito dell'atteggiamento del direttore Antonello Piroso, che si e' pedissequamente sdraiato sulle posizioni dell'azienda".
Per Fulvio Fammoni, segretario confederale Cgil, "non c'e' futuro per La7: la procedura avviata e' un'anomalia che porta solo alla smobilitazione dell'emittente. Si va verso la scomparsa di una voce importante dell'informazione italiana in un quadro che vede tre grandi questioni aperte: la vicenda de La7, i tagli all'editoria, la Rai bloccata e allo sfacelo". Anche per Roberto Natale, presidente della Fnsi, "la vicenda de La7 ha una valenza assolutamente generale per tutto il settore dell'informazione. Dopodomani ci sara' il Consiglio generale della Federazione e in quella sede dovranno essere prese delle decisioni". (ANSA).
Apc-La7/ Il Cdr denuncia: si vuole smantellare l'informazione
Solidarieta' a redazione da politici, sindacalisti e vertici Fnsi Roma, 3 nov. (Apcom) - Conferenza stampa dei giornalisti de La7 alla Stampa estera, per portare all'attenzione dell'opinione pubblica la vicenda che coinvolge l'informazione dell' emittente, con la richiesta dell'azienda di 25 licenziamenti. "Telecom Italia Media ha deciso di smantellare l'informazione su La7" ha affermato il cdr in conferenza stampa. Il 10 novembre e' fissato il prossimo incontro tra le parti, nel giorno in cui si chiude la prima fase del confronto sindacale; in caso di mancato accordo, scattera' poi la fase successiva di altri 30 giorni al ministero del Lavoro.
I membri del Cdr, Adalberto Baldini e Stefano Ferrante, hanno evidenziato come la vicenda de La7 sia "un duro attacco al pluralismo e alla democrazia in Italia" e "una violazione delle norme europee in materia di diritti sindacali e trasparenza dei dati: L'azienda non ci ha fornito dati sui conti ne' sui costi. Si tratta, dunque, di licenziamenti al buio". Nell'ultimo incontro, spiega ancora il cdr, "l'azienda ha parlato di misure alternative al licenziamento: ma non accettiamo alcuna ipotesi di rinvio ne' siamo disposti a cadere nella trappola di una liquidazione forzosa".
Il cdr dell' emittente ha lamentato come l'azienda anche di recente "abbia appaltato all'esterno prodotti giornalistici, tagliando fuori i colleghi della redazione". Il cdr punta anche il dito contro "la cessione delle attivita' di pay per view, un asset strategico, alla Airplus Tv: "una decisione che rischia di favorire il monopolio di Mediaset sul fronte del digitale terrestre a pagamento".
Alla conferenza stampa sono intervenuti politici, sindacalisti e i vertici dell' Fnsi e di Stampa Romana per portare la solidarieta' ai giornalisti de La7. Piero Fassino ha inviato un messaggio di sostegno, il presidente di Articolo 21, Federico Orlando, ha chiesto alla Federazione nazionale della stampa di "mobilitare la categoria, magari con un'ora simbolica di sciopero a sostegno della vertenza". Il segretario dell'Associazione stampa romana, Paolo Butturini, spiega che il sindacato ha chiesto a Ti Media di "recuperare la centralita' dell'informazione nella rete, utilizzando i colleghi con i piu' vari strumenti possibili", ma si definisce anche "stupito dell'atteggiamento del direttore Antonello Piroso, che si e' pedissequamente sdraiato sulle posizioni dell'azienda".
EDITORIA: FASSINO, SOLIDARIETA' A GIORNALISTI LA7 CONTRO TAGLI
(AGI) - Roma, 3 nov. - Piero Fassino ha inviato oggi ai
giornalisti de La7 un messaggio di solidarieta' e sostegno alle
iniziative di lotta a difesa del pluralismo, del diritto
all'informazione e contro i tagli occupazionali annunciati
dall'azienda. "Unisco la mia solidarieta' - scrive l'esponente
Pd - a quanti vi sono vicini in questo passaggio cosi'
difficile per la vostra vita professionale. Ogni qualvolta un
organo di informazione chiude o riduce la sua attivita', la
democrazia subisce una ferita perche' un'informazione libera e
critica e' essenziale per una vita civile, sociale e
democratica".
"Tanto piu' - aggiunge - cio' e' vero oggi in Italia, di
fronte ai troppi tentativi di omologare l'informazione al
potere dominante e allo sconcertante conformismo informativo
che va prendendo piede. La7, le sue news, i suoi programmi di
approfondimento culturale e politico hanno rappresentato in
questi anni un esempio di bella televisione, capace di offrire
ai cittadini informazioni, conoscenza e sapere. Per queste
ragioni, la vostra lotta per salvaguardare la qualita'
professionale della testata e di chi ogni giorno vi profonde
generosita', passione e competenza, va sostenuta con
convinzione. Mi auguro - conclude - che siano tanti e che
questo vi consenta di vedere riconosciute le vostre giuste e
buone ragioni". (AGI)
COMUNICATO DI PUNTO E A CAPO SU VERTENZA LA7
Il piano di ristrutturazione del telegiornale di “LaSette” è un segnale che ci preoccupa fortemente perché oltre a prevedere il licenziamento di 25 giornalisti ha tutta l’aria di voler essere una sperimentazione che prima o poi potrà essere applicata a tutto il sistema radiotelevisivo. Ci preoccupano innanzitutto i toni del confronto adoperati da Telecom Italia Media che vorrebbe mandare a casa un quarto della redazione, cancellando con un tratto di penna soprattutto chi per venti anni ha lottato per tenere acceso il canale nonostante le scelte contraddittorie delle proprietà che si sono succedute in questi anni. Telecom Italia ha prima frenato i progetti di sviluppo del canale e poi ha alimentato una grandeur ingiustificata con spese folli e fini poco chiari. Conti in rosso che ora, in una testata che ha assunto fino all’altroieri, si cerca di far pagare ai giornalisti licenziando, ridimensionando la testata (che fino a l’altro ieri stava ancora assumendo) e relegando il giornalismo televisivo, quello regolato dal contratto, ad un banale copia e incolla di notizie e immagini che arrivano dai services esterni. Un disegno che deve preoccupare tutto il sistema radiotelevisivo: l’operazione che è stata avviata in Rai con il nuovo piano editoriale, varato dal cda uscente, che prevede non solo una rimodulazione ma anche una contrazione dell’offerta informativa delle testate giornalistiche (un ridimensionamento del giornalismo con regole, contratto e sindacato) e la minaccia di licenziamenti a LaSette sembrano essere l’antipasto di una ristrutturazione più generale che rischia di riguardare tutto il sistema dell’emittenza
La7: Art.21, preoccupazione per i posti di lavoro e per la riduzione del pluralismo editoriale. Forum e appello sul sito
"Articolo21 esprime solidarietà a la7 per la difficile situazione che la redazione sta vivendo dopo la notizia dei 25 licenziamenti dei giornalisti. Questa mattina - afferma il direttore Stefano Corradino - eravamo alla stampa estera alla conferenza stampa promossa dal Cdr de la7 - insieme al presidente dell'associazione Federico Orlando, al segretario Tommaso Fulfaro e all'avvocato Domenico D'Amati per ribadire quanto questa vicenda sia preoccupante non solo per la perdita dei posti di lavoro ma per la riduzione del pluralismo editoriale. Articolo21 ha aperto un forum sul sito e ha lanciato un appello a cui chiederà che si associno giornalisti ed esponenti del mondo della comunicazione, dello spettacolo e della cultura. Ci allarma infatti che un'emittente che ha svolto spesso un ruolo di informazione da vero servizio pubblico, su temi come la guerra, i diritti umani, la sicurezza sul lavoro... debba essere smantellata. Svuotata dal punto di vista editoriale per sole logiche economicistiche e per colpa di quelle anomalie tutte italiane (conflitto di interessi e duopolio) che rendono il mercato non libero e non accessibile. Per questa ragione - conclude Corradino - proseguiremo attraverso il sito di Articolo21 la nostra mobilitazione a sostegno dei colleghi de la7, auspicando, come ha affermato Federico Orlando in conferenza stampa che si definiscano al più presto iniziative forti di protesta, come uno sciopero degli organi di informazione, proprio in solidarietà con la7". www.articolo21.info
I POLIZIOTTI DEL SAP SOLIDARIZZANO
CON I GIORNALISTI DI LA7:
“NO AI LICENZIAMENTI, SALVAGUARDIAMO
UNA DELLE POCHE VOCI LIBERE
DEL PANORAMA TV ITALIANO”
Roma, 1° novembre 2008 - "Come sindacalisti, come poliziotti,
ma, soprattutto, come cittadini, siamo totalmente solidali con i
25 giornalisti di La7 che rischiano di essere licenziati".
Lo fa sapere Massimo Montebove, portavoce nazionale del Sap,
il sindacato autonomo di polizia.
"L'emittente del gruppo Telecom – afferma Montebove,
ricordando di essere un pubblicista – fa da sempre un'ottima
informazione, completa e obiettiva, grazie ad un gruppo di
giornalisti di prim'ordine. Disperdere questo patrimonio, oltre
che moralmente inaccettabile, costituisce un danno anche dal
punto di vista aziendale. Siamo solidali con i giornalisti che
lunedì prossimo, alle 11, terranno una conferenza presso
l'associazione stampa estera a Roma perché, in un Italia fatta di
troppi nani e ballerine, con una informazione assolutamente
targata e monopolizzata, almeno per ciò che riguarda le
televisioni pubbliche e private, non possiamo permetterci di far
morire una voce libera come quella di La7."
UFFICIO STAMPA SAP
SEGRETERIA GENERALE SAP – VIA CAVOUR, 256 – 00184 ROMA – TEL. 06 4620051
FAX 0647823150 – EMAIL: [email protected] - WWW.SAP-NAZIONALE.ORG
COMUNICATO SINDACALE DEL 25 OTTOBRE 2008
OGGI I GIORNALISTI DI LA7 HANNO SCELTO DI NON SCIOPERARE E DI RACCONTARE IN DIRETTA LA MANIFESTAZIONE DEL PARTITO DEMOCRATICO A ROMA, COSÌ COME HANNO FATTO IN PASSATO PER I GRANDI EVENTI DI INTERESSE NAZIONALE SOSTITUENDO MOLTO SPESSO IL SERVIZIO PUBBLICO D’INFORMAZIONE
QUESTO NONOSTANTE LA TV DEL GRUPPO TELECOM ITALIA ABBIA ANNUNCIATO IL LICENZIAMENTO COLLETTIVO DI 25 GIORNALISTI, PIÙ DI UN QUARTO DEL TOTALE.
L’AZIENDA CERCA COSÌ DI INTIMIDIRE UNA REDAZIONE DIMOSTRATASI SEMPRE INDIPENDENTE PER ARRIVARE A SPAZZARE VIA DALLA TERZA TV NAZIONALE L’INFORMAZIONE DELLA REALTÀ,DEI TG E DEGLI APPROFONDIMENTI, IN FAVORE DI COSTOSISSIMI PROGRAMMI DI INTRATTENIMENTO ACQUISTATI ALL’ESTERNO.
I 25 LICENZIAMENTI DEI GIORNALISTI A LA7 SONO IL RISULTATO DEL GRAVISSIMO DUOPOLIO TELEVISIVO ITALIANO E RAPPRESENTANO UN ATTACCO CHIARO AL PLURALISMO DELL’INFORMAZIONE NAZIONALE.
IL CDR DE LA 7
GIORNALISTI: PARLAMENTARI A BERNABE', DARE UN FUTURO A LA7
(ANSA) - ROMA, 14 OTT - Assicurare un futuro a La7: e' il senso dell'appello, firmato da una cinquantina di parlamentari dell'opposizione ma anche della maggioranza, che sara' inviato in queste ore a Franco Bernabe', amministratore delegato di Telecom Italia (che controlla Ti Media e quindi l'emittente), alla vigilia dell'avvio del confronto tra azienda, comitato di redazione, Federazione nazionale della stampa e Associazioni regionali di stampa del Lazio e della Lombardia sulla procedura di licenziamento per 25 giornalisti.
"La7 - si legge nell'appello, promosso da Vincenzo Vita e Giuseppe Giulietti - la tv del gruppo Telecom Italia, punta avanzata della ricerca e della sperimentazione tecnologica nei media del nostro Paese. E' un'azienda, quindi, che piu' di ogni altra, nell'interesse degli azionisti e del Paese, dovrebbe puntare sullo sviluppo multimediale partendo proprio dai suoi assetti e dalla riconosciuta professionalita' dei giornalisti dell'emittente: per questo quanto accade a La7 appare ancora piu' inspiegabile e inaccettabile". I firmatari - da Anna Finocchiaro e Luigi Zanda, da Marco Follini a Giovanna Melandri, da Luigi Ramponi a Giacomo Santini per il Pdl - chiedono anche che "tutte le forze politiche aprano un dibattito e un confronto sul destino dell'emittente a tutela non solo del legittimo interesse dei 25 giornalisti a mantenere il proprio posto di lavoro, ma soprattutto dell'effettiva applicazione dell'articolo 21 della Costituzione anche nel settore radio tv".
"Speriamo che Bernabe' ci ripensi - ha detto Vita illustrando oggi l'appello in conferenza stampa al Senato - e che questo atto del Parlamento possa essere la premessa per un'intesa e non un'offesa al mondo dell'informazione". "Si rischia non solo il maestro unico, ma anche la tv unica e il giornale unico", e' il paradosso usato da Giulietti, che ha lanciato l'idea di estendere l'appello "anche al mondo del cinema, del teatro e della comunicazione" e di "promuovere un'iniziativa nazionale sui rischi legati ai tagli all'editoria". Sul "valore generale" della vertenza La7 ha insistito anche Roberto Natale, presidente della Fnsi: "Al confronto con l'azienda - ha detto - andremo con la massima determinazione: le linee guida saranno la valorizzazione del lavoro dei giornalisti e l'attenzione alle risorse interne". "Non firmeremo alcun accordo - ha sottolineato Paolo Buttutini, segretario di Stampa Romana - che preveda anche un solo licenziamento: Siamo disponibili a ragionare sulla necessita' dei risparmi, ma non sulla pelle dei colleghi giornalisti". (ANSA).
SAVIANO:GIULIETTI E NATALE,SERVE GRANDE INIZIATIVA NAZIONALE
(ANSA) - ROMA, 14 OTT - "Accendere la 'scorta mediatica' sul caso di Roberto Saviano, ma anche dei tanti cronisti antimafia e anticamorra, come Rosaria Capacchione, nel mirino della criminalita' organizzata": e' l'idea rilanciata oggi da Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, e subito accolta dal presidente della Federazione nazionale della stampa, Roberto Natale, che ha ricordato come "la Giunta della Fnsi abbia deciso di tenere una riunione straordinaria a Casal di Principe, in terra di camorra".
"Bisogna accendere tutti i riflettori della politica e dei media su queste vicende, organizzando una grande iniziativa nazionale a Caserta e convocando gli Stati generali della Fnsi e dell'Ordine dei giornalisti: non si puo' piu' attendere - ha sottolineato Giulietti al Senato, in occasione della presentazione di un appello per La7 - di fronte a un'emergenza spaventosa". D'intesa con l'Ordine, la Fnsi - ha annunciato Natale - "istituira' un osservatorio sui rischi che corrono tanti cronisti in prima linea: e' un modo per rendere insicuro il loro lavoro e per aiutare tutti noi a riscoprire le priorita' nel fare informazione". (ANSA).
ASSOCIAZIONE STAMPA ROMANA
ORDINE DEL GIORNO VOTATO ALL'UNANIMITA' DALLA CONSULTA DEI CDR
"La Consulta dei Cdr dell’Associazione Stampa Romana, riunita oggi 10 ottobre 2008, esprime la sua piena e convinta solidarietà con i colleghi dell’emittente La7.La Consulta, all’unanimità, chiede alla Fnsi e alle Associazioni Regionali di mettere in campo tutte le iniziative necessarie per impedire l’attuazione del piano aziendale che prevede 25 licenziamenti fra i colleghi della redazione.La Consulta chiede altresì alla Fnsi di adottare ogni forma possibile di mobilitazione, compresa l’eventuale proclamazione di uno o più giorni di sciopero nazionale."
AUTONOMIA E SOLIDARIETA' ACCANTO AI COLLEGHI DE LA7
Il confronto sulla crisi a "La7", che si apre martedi 15 ottobre, e' strategico nella definizione degli assetti sia del panorama televisivo che della categoria dei giornalisti nel suo complesso. Autonomia e Solidarieta' rigetta, con forza, la soluzione dei licenziamenti come scorciatoia per risanare i conti. I piani di ristrutturazione devono, prima di tutto, partire dal taglio degli sprechi. L'emittente paga i pesanti errori delle gestioni precedenti e l'assenza di una legge antitrust che liberi risorse pubblicitarie, ora appannaggio esclusivo del triopolio Rai-Mediaset-Sky. Ma lo spazio per una testata, che in questi anni si e' segnalata soprattutto per la grande professionalita' dei suoi giornalisti, c'e' e va tutelato. Autonomia e Solidarieta' e' impegnata a sostegno della Fnsi nella difesa delle ragioni dei colleghi, della loro professionalita' e dei posti di lavoro. Un ulteriore depauperamento del panorama editoriale, gia' alle prese con numerose crisi, rischia di compromettere l'intero futuro della categoria.
Il Coordinamento nazionale
LA7: FUORI I GIORNALISTI, DENTRO GLI APPALTI DEGLI AMICI
TELECOM ITALIA MEDIA ANNUNCIA IL LICENZIAMENTO COLLETTIVO DI 25 GIORNALISTI A LA SETTE, MENTRE LA SETTE ACQUISTA DA SOCIETA' ESTERNE PROGRAMMI GIORNALISTICI.
LA MESSA IN ONDA DOMENICA PROSSIMA ALLE 20 E 30 DEL NUMERO ZERO DEL PROGRAMMA DI ECONOMIA LA RESA DEI CONTI DI NICOLA PORRO, VICEDIRETTOTRE DE IL GIORNALE, PRODOTTO DALLA SOCIETA' ENDEMOL, APPARE UNA VERA E PROPRIA PROVOCAZIONE MENTRE LA REDAZIONE E' COLPITA DAL LICENZIAMENTO DI PIU' DI UN GIORNALISTA SU QUATTRO. SI CACCIANO I GIORNALISTI DELL'EMITTENTE, CHE HANNO GARANTITO DIRETTE, APPROFONDIMENTI E TELEGIORNALI, E SI CONTINUA NEL COSTOSO ACQUISTO DI PRODOTTI GIORNALISTICI DALL'ESTERNO. UNA CONTRADDIZIONE GRAVE CHE CHIARISCE LA VERA RAGIONE DEI TAGLI A LA SETTE: UNA GESTIONE MANAGERIALE ED EDITORIALE FALLIMENTARE E LA VOLONTA' DI COLPIRE L'INFORMAZIONE INDIPENDENTE DELLA REDAZIONE DEL TG.
A RISCHIO OGGI SONO NON SOLO 25 POSTI DI LAVORO, MA LA LIBERTA' E L'AUTONOMIA DELL'UNICO TELEGIORNALE FUORI DAL DUPOLIO RAI-MEDIASET CHE ARRIVA NELLE CASE DEGLI ITALIANI SENZA PAGARE ABONAMENTI. A RISCHIO C'E' IL PLURALISMO DELL'INFORMAZIONE GARANTITO DALL'ARTICOLO 21 DELLA COSTITUZIONE , UN FONDAMENTO DELLA DEMOCRAZIA.
LIBERTA' DI INFORMAZIONE IN TV
LIBERTA' DI INFORMAZIONE IN TV SIGNIFICA APRIRE UNA FINESTRA SUL MONDO E RACCONTARE PER IMMAGINI LA REALTA' ATTRAVERSO GLI APPUNTAMENTI FISSI DEI TG, LE DIRETTE E GLI SPECIALI DI APPROFONDIMENTO, LE INCHIESTE E I REPORTAGE . UN MONDO CHE NULLA HA A CHE VEDERE CON QUELLO VIRTUALE DEI SALOTTINI DELLA POLITICA E DEI TALK SHOW AD USO E CONSUMO DEI GOVERNI DI TURNO. TELECOM ITALIA MEDIA, LA SOCIETA' DI TELECOM CHE CONTROLLA LA 7 HA ANNUNCIATO IL LICENZIAMENTO DI 25 GIORNALISTI -PIU' DI UNO SU QUATTRO- UN PROVVEDIMENTO CHE PUNTA AL DRASTICO RIDIMENSIONAMENTO DELL'OFFERTA INFORMATIVA, MENTRE PROGRAMMI DI CONTENUTO GIORNALISTICO VENGONO ACQUISTATI DA SOCIETA' ESTERNE. LIBERTA' DI INFORMAZIONE SIGNIFICA POTER DARE UNA NOTIZIA SENZA TEMERE DI PERDERE IL POSTO DI LAVORO E MANTENERE VITALE L'UNICO TG CHE ARRIVA NELLE CASE DEGLI ITALIANI AL DI FUORI DEL DUPOLIO RAI- MEDIASET SENZA PAGARE IL CANONE O L'ABBONAMENTO INVITIAMO IL PUBBLICO A ESPRIMERE LA SOLIDARIETA' AL NOSTRO SITO "LIBERA LA7.WEEBLY.COM"
Lettera aperta del comitato di redazione dei giornalisti de La7
“La garanzia del pluralismo e dell’imparzialità dell’informazione costituisce strumento essenziale per la realizzazione di una democrazia compiuta ; si tratta di una necessità avvertita dalle forze politiche, dal mondo della cultura, dalla società civile” .
Con queste parole il 23 luglio 2002 l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi cominciava il suo messaggio alle Camere, il primo del suo settennato dedicato significativamente proprio a “pluralismo e imparzialità dell’informazione”.
La prova inconfutabile che il Capo dello Stato massimo garante della Costituzione Italiana registrava sulla materia una vera e propria emergenza per il paese, un’emergenza che sei anni dopo si è ulteriormente aggravata.
Anche il Presidente Giorgio Napolitano ha chiesto più volte che venga finalmente superato lo stallo nella trattativa per il contratto nazionale dei giornalisti scaduto da più di tre anni: l’attacco degli editori all’intera categoria punta direttamente a “liquidare” una volta per tutte il ruolo del giornalista come elemento imprescindibile per un’informazione puntuale, imparziale e corretta che abbia l’obbiettivo prioritario di raccontare la verità delle cose ai cittadini.
Oggi in Italia il mondo dell’informazione è controllato per la maggior parte da editori che non sono tali: sono al contrario grandi gruppi economico-finanziari che sempre più spesso diversificano i loro interessi e traggono i loro profitti nei settore più disparati, aziende dagli incroci proprietari intricatissimi per le quali il prodotto giornalistico rappresenta solo un business residuale o un mezzo per il raggiungimento di fini che hanno a che vedere ben poco con l’informazione.
Internet e le altre tecnologie informatiche applicate ai cosiddetti “new media” fanno sognare ai consigli di amministrazione di queste aziende, un mondo dell’informazione fatto di “copia e incolla”, in cui l’imperativo assoluto della rapidità, rende ormai impossibile l’accesso alla fonte di prima mano e la verifica della notizia. Un mondo di giornalisti senza garanzie contrattuali certe, precari, e quindi sotto ricatto da parte di aziende che più aumentano i ricavi, più cercano di ridurre i “costi”.
Questo lo scenario che rischia di concretizzarsi oggi in Italia , in particolare nel mondo dell’emittenza televisiva e nello stesso messaggio alle Camere del 2002, il presidente Ciampi sottolineando la gravità della situazione indicava la strada da seguire richiamandosi alle direttive in materia di informazione del parlamento europeo in particolare la direttiva quadro che specifica come : “la politica audiovisiva e la regolamentazione dei contenuti perseguono obiettivi di interesse generale quali la libertà di espressione, il pluralismo dei mezzi di informazione, l’imparzialità, la diversità culturale e linguistica, l’inclusione sociale, la protezione dei consumatori e la tutela dei minori”….e per questo la direttiva in questione afferma che “è riservato grande spazio all’assetto del mercato e all’esigenza di assicurare un regime concorrenziale”.
“Non c’è democrazia senza pluralismo e imparzialità dell’informazione -concludeva il messaggio del presidente Ciampi- sono fiducioso che l’azione del Parlamento saprà convergere verso la realizzazione piena di questo principio”. Anche il mondo politico non poteva che riconoscere la centralità del tema tanto che il governo di centrodestra 2001-2006 produsse la cosiddetta Legge Gasparri: una semplice conferma dello status quo che cercava di risolvere la chiusura del mercato attraverso il pluralismo offerto dal lancio del digitale terrestre poi abortito.
Alla legge Gasparri il governo Prodi di centrosinistra ha risposto con la legge di riforma Gentiloni che puntava a introdurre elementari criteri antitrust nel settore ma che non fu mai varata.
Il risultato è l’attuale situazione sotto gli occhi di tutti: in Italia nel business della tv nazionale la “torta” della raccolta pubblicitaria vale all’incirca 7,5 miliardi di euro l’anno.
A parte la tv satellitare (nella quale opera in regime di monopolio il gruppo Murdoch) Rai e Mediaset si dividono piu’ del 90% della torta.
La Rai, oltre alle risorse del canone, fa profitti vendendo spazi pubblicitari su tutte le tre reti e fa sempre meno servizio pubblico. Inutile ricordare che -ad aggravare il quadro- il maggiore azionista del gruppo Mediaset è l’ex premier e attuale candidato premier del Pdl Silvio Berlusconi.
L’ Italia è l’unico paese europeo in cui la terza tv nazionale -La7- riesce a raccogliere solo il 2% della “torta” pubblicitaria. In Francia il terzo soggetto tv supera il 13% ; in Gran Bretagna l’8% ; in Spagna il 26 %.
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana continua a denunciare il silenzio assoluto dei partiti sull’ "emergenza informazione” del paese, se la riforma del settore radiotelevisivo era nel 2006 uno dei punti del programma della sinistra oggi non è più neppure un tema di discussione.
Ricordiamo ancora una volta le parole conclusive di Carlo Azeglio Ciampi rivolte ai due rami del nostro Parlamento : “Non c’e’ democrazia senza pluralismo e imparzialità dell’informazione” e del pluralismo di voci La7 è stata fino ad oggi un elemento imprescindibile.
DICHIARAZIONE DI EMILIO MICELI, SEGRETARIO GENERALE SLC/CGIL IN MERITO AGLI ANNUNCIATI TAGLI DE LA 7
Dopo Telecom, anche La 7 ha deciso di imboccare la via breve dei licenziamenti per affrontare la difficile situazione finanziaria dell’azienda. Ci troviamo dunque di fronte ad una strategia generale che tende ad individuare nel taglio del personale l’obiettivo prioritario per determinare condizioni di rilancio dell’azienda e del gruppo. Se è vero, come affermato dall’amministratore delegato Dott. Stella, che La 7 perde cinquecentomila euro al giorno, è chiaro che ci troviamo di fronte ad una situazione pesante su cui è necessario un confronto di merito, serio sull’insieme dell’attività dell’azienda e non solo sul personale. Lo diciamo perché non è chiara ancora quale sia la vera direzione di marcia che il management vuole intraprendere. Si taglia tra i giornalisti; si tagliano format importanti e di successo; si annuncia la soppressione del settore tele cineoperatori. Si ha la sensazione, dunque, che il management abbia perso di vista il tema centrale per una emittente: quello di investire per aumentare gli ascolti e dunque gli introiti pubblicitari. Lo diciamo perché La 7 per anni ha accettato di non interferire con la legge ferrea del duopolio per scelta politica, ed oggi avvia un piano di ristrutturazione che magari farà risparmiare, ma che al contempo rischia di indebolirla sui mercati dell’informazione, della cultura e dell’intrattenimento. Per questi motivi è necessario che il confronto avvenga contemporaneamente sul piano industriale e sulle scelte editoriali ed è necessario che a quel tavolo siano presenti tutte le componenti sociali ed imprenditoriali dell’azienda.
LA FIEG HA SCELTO LA 7 PER RIBADIRE IL SUO ATTACCO AL GIORNALISMO E ALL'INFORMAZIONE E LA7 HA SCELTO LILLY GRUBER PER MOTIVARE IL LICENZIAMENTO DI 25 COLLEGHI.
Roma 2 ottobre 2008
LA PUNTATA DI IERI DI "8E 1/2" ERA DEDICATA ALLA CRISI DEL SETTORE ALL’ESTERO E IN ITALIA, DOVE IL CONTRATTO NAZIONALE E' SCADUTO DA TRE ANNI E MEZZO PER VOLONTA' DEGLI EDITORI CHE VOGLIONO TRASFORMARE I GIORNALISTI IN LAVORATORI PRECARI PAGATI A COTTIMO.
OSPITI IN STUDIO IL PRESIDENTE FIEG CARLO MALINCONICO E ROBERTO NATALE, PRESIDENTE FNSI.
E' GRAVISSIMO CHE NEL CORSO DELLA TRASMISSIONE I CONDUTTORI FEDERICO GUIGLIA E LILLY GRUBER -IN PASSATO ESPONENTE DI PRIMO PIANO DEL SINDACATO USIGRAI E FONDATRICE DEL GRUPPO DI FIESOLE - ABBIANO IGNORATO DEL TUTTO LA DURISSIMA VERTENZA DI LA7 DOVE LA SCORSA SETTIMANA E’ STATO ANNUNCIATO IL LICENZIAMENTO COLLETTIVO DI 25 GIORNALISTI.
COME PIU’ VOLTE DENUNCIATO DAL CDR DI LA7 , LA TV DEL GRUPPO TELECOM ITALIA E’ STATA GESTITA NEGLI ULTIMI 5 ANNI SENZA ALCUN PIANO INDUSTRIALE, CON LA MARGINALIZZAZIONE DELLE RISORSE INTERNE, GLI APPALTI AI SOLITI NOTI E LUCROSI CONTRATTI AD ESTERNI TRA I QUALI L'EX VOLTO DEL TG1 E' SOLO L'ULTIMA ARRIVATA.
QUANDO IERI A “8 E 1/2” IL PRESIDENTE DELLA FNSI ROBERTO NATALE HA RICORDATO SUI TITOLI DI CODA, LA VICENDA CHIEDENDO ALL'EDITORE DI REVOCARE I LICENZIAMENTI, LA STESSA GRUBER SI E’ AFFRETTATA A RIBADIRE CHE A LA7 "SI CONTINUA AD INVESTIRE SULL'INFORMAZIONE: UNA DELLE PROVE E' ILARIA D'AMICO E IL SUO PROGRAMMA EXIT": ALTRO FORMAT DI APPROFONDIMENTO GIORNALISTICO ACQUISTATO DA “MAGNOLIA” AL COSTO DI OLTRE 200 MILA EURO A PUNTATA.
IL CDR DI LA7
September 25, 2008
EFJ Says Wave of Layoffs at Italian TV La7 is Dangerous for Pluralism
The European Federation of Journalists (EFJ), the European group of the International Federation of Journalists, today expressed its solidarity with staff and unions at Italian TV channel La7 who are facing an unprecedented wave of lay-offs that will cut more than a quarter of the work force. "Not only did these massive lay-offs take place without warning but they also pose a serious danger to pluralism in Italian media," said EFJ President Arne König. "This TV channel is the only alternative at national level to the public broadcaster RAI, which is controlled by Prime Minister Berlusconi's government, and the channels owned by Mr. Berlusconi outright, which makes it very precious." Earlier this week, the owner of La7, Telecom Italia Media, announced its intention to fire 25 members of its 88-person news department staff, citing vaue and unfair accusations of "unproductiveness." It is the first time in Italy that a national broadcaster has fired so many fully employed journalists at the same time. La7 (known as "The Seven") is the third-largest private national broadcaster in Italy and the only one not owned by Berlusconi's Mediaset. It is owned by the former national telecom operator, Telecom Italia, and has been considered - unanimously - the most impartial and independent channel in the highly politicized Italian TV landscape, which is dominated by state-owned RAI and the Mediaset group. The Italian Journalists National Union (Federazione Nazionale della Stampa Italiana, FNSI) as well as journalists from Berlusconi's networks have declared their solidarity with La7 colleagues, currently on strike to protest the lay-offs. "We hope that Telecom Italia Media will face its responsibility as news source and suspend its plan, which will undermine a channel who has a valuable presence as an independent voice in what is otherwise a homogeneous broadcasting landscape," said FNSI President Roberto Natale.
The EFJ represents over 260,000 journalists in more than 30 countries
IL “MODELLO DI PROPAGANDA” : UNA TEORIA DEI MEDIA CHE AIUTA A CAPIRE IL PRESENTE.
Il modello di propaganda è una teoria avanzata da Edward S. Herman e Noam Chomsky che tenta di spiegare la presunta distorsione dei mass media (media bias) in termini di causeeconomiche strutturali.Presentata per la prima volta nel libro La fabbrica del consenso (Manufacturing Consent: the Political Economy of the Mass Media), la teoria vede i media come delle imprese che vendono un prodotto (lettori e pubblico piuttosto che notizie) ad altre imprese (gli inserzionisti pubblicitari). La teoria postula cinque "filtri" che determinano il tipo di notizie che vengono alla fine pubblicate, e che sono:la proprietàgli introiti (funding) le fonti di notizie (sourcing) la reazione negativa (flak) l'ideologia (quella prima anticomunista e poi antiterrorista nel caso dei media americani). I primi tre filtri sono i più importanti.Sebbene il modello fosse basato principalmente sui media degli USA, Chomsky e Herman credono che la teoria sia applicabile a tutti i paesi che condividono la struttura economica di base che il modello postula come causa della distorsione dei media.La proprietàHerman e Chomsky sostengono che siccome tutti i media dominanti sono grandi corporation che fanno a loro volta parte di conglomerati (conglomerates) più grandi, come Westinghouse o General Electric, che si estendono oltre i settori tradizionali dei media, queste aziende hanno forti interessi che potrebbero venire influenzati sfavorevolmente se alcune informazioni venissero divulgate. Secondo questo ragionamento, c'è da aspettarsi che le notizie che vanno in conflitto con gli interessi di coloro che posseggono il mezzo di comunicazione, vengano distorte.Gli autori sostengono che l'importanza del filtro proprietà è dovuta al fatto che le corporazioni sono soggette al controllo degli azionisti nel contesto di una economia di mercato orientata al profitto. Chomsky e Herman osservano:Se i manager non riescono a portare avanti azioni che favoriscano il guadagno degli azionisti, gli investitori istituzionali saranno portati a vendere azioni (facendone abbassare il prezzo), o ad essere in sintonia con terzi che ne stiano valutando l'acquisto Da ciò segue che nei casi in cui massimizzare il profitto significhi sacrificare l'obiettività delle notizie, le notizie che alla fine verranno pubblicate saranno fondamentalmente distorte, qualora su queste i manager avessero un conflitto di interessi.Osserva Herman, intervistato da David Ross:Ne “La fabbrica del consenso”, originariamente pubblicato nel 1988 ma rivisto nel 2002, mettiamo in evidenza gli interessi di coloro che controllano 25 delle più grosse corporazioni mediatiche. In mezzo alla tabella c’è il New York Times, proprietà della famiglia Sulzberger. Al tempo, le loro azioni valevano mezzo miliardo di dollari. Adesso valgono probabilmente intorno a 1,2 miliardi di dollari. Stiamo parlando perciò di persone molto ricche facenti parte dell’establishment corporativo. L’idea secondo cui queste persone lascerebbero che i propri strumenti facciano qualcosa che potrebbe risultare contrario agli interessi della comunità corporativa è senza senso. Gli introitiGli autori sostengono anche che i media di maggiore diffusione dipendono pesantemente dagli introiti pubblicitari per sopravvivere. Un giornale come il New York Times, per esempio, deriva il 75% dei suoi ricavi dalla pubblicità. I giornali in generale ricevono in media il 70 percento dei loro introiti dalla pubblicità, la televisione il 95%. Tutte le stazioni televisive e tutti i network hanno persone che vanno in giro per cercare di vendere i loro programmi alle aziende. Le devono convincere dei meriti dei programmi in cui le aziende vogliono reclamizzare.Gli autori suggeriscono che questo filtro si capisca meglio collocandolo in un tradizionale contesto di business. Sostengono che un giornale, come qualunque altra azienda, ha un prodotto che offre al suo pubblico (o clientela). In questo caso, tuttavia, il prodotto è composto dai lettori ricchi (affluent) che comprano il giornale — consistenti anche nel settore istruito della popolazione che ha potere decisionale — mentre i clienti comprendono le imprese che pagano per reclamizzare i loro prodotti. Secondo questo "filtro", le notizie stesse non sono nient'altro che un "riempitivo" per far sì che lettori privilegiati vedano le pubblicità che costituiscono il vero contenuto, e che quindi avrà la forma che più si adatta ad attrarre popolazione istruita con potere decisionale. Le storie che vadano in conflitto col loro "carattere di acquirenti" , si sostiene, tenderanno ad essere marginalizzate o escluse, come anche informazioni che presentino una visione del mondo contrastante con gli interessi dei pubblicitari.La teoria sostiene che coloro che acquistano il giornale sono a loro volta il prodotto che viene venduto alle imprese che acquistano spazi pubblicitari; il giornale in sé ha solo marginalmente il ruolo di prodotto.Osserva Herman, intervistato da David Ross:Le aziende [...] non solo vogliono una larga audience, vogliono anche un’audience d’elite – più soldi l’audience ha e meglio è. Non vogliono disturbare l’audience. Vogliono ciò che si definisce “un ambiente favorevole alla vendita” dei propri prodotti. Per cui c’è bisogno di competere per le aziende, e queste sono la principale fonte di finanziamento. Non c’è dubbio che le aziende influenzano ciò che fanno i media. Non interferiscono in continuazione. Non telefonano ai media per richiamarli all’ordine; non funziona così. La loro principale influenza deriva dal fatto che i media devono competere per loro, e i media devono convincere le aziende che i loro programmi soddisfano i loro bisogni. Alcune aziende praticamente dettano condizioni specifiche sui programmi. Per esempio, Procter and Gamble, uno dei più grossi acquirenti di pubblicità, ha una regola pubblicitaria scritta. L’azienda non favorisce programmi che insultano le forze armate o che insinuano che la comunità imprenditoriale non sia una comunità benevola e spirituale. L’eccellente libro di Ben Bagdikian, “The Media Monopoly”’, cita direttamente Procter and Gamble. Egli mostra inoltre come certe aziende forniscono indicazioni dicendo che reclamizzeranno soltanto in quei media che si confanno a “certi standard”, standard che in realtà sono di natura politica.Per cui, se sei un giornale di sinistra, se veramente hai un messaggio che va a disturbare la comunità imprenditoriale, nessuno ti comprerà spazi pubblicitari. Questo filtro delimita i media che potranno ricevere contratti pubblicitari, e perciò, chi potrà permettersi di spendere un sacco di soldi per produrre programmi di buona qualità. Questo filtro ha effetto anche sulla programmazione e nella cernita di notizie in quanto i media non vogliono offendere e far così scappare le aziende. Le fonti di notizieIl terzo filtro sostiene che i mass media hanno bisogno di un flusso costante di informazioni per soddisfare la loro richiesta giornaliera di notizie. In un'economia industrializzata, dove i consumatori richiedono informazioni su molteplici eventi globali, essi sostengono che questo compito può essere assolto solo dai settori finanziari e del governo, che possiedono le necessarie risorse materiali. Questi comprendono principalmente Il Pentagono e altri enti governativi. Chomsky e Herman sostengono quindi che tra i media e le parti del governo sorge una "relazione simbiotica", sostenuta da necessità economiche e reciprocità di interessi. D'altra parte, governo e promotori di notizie tentano di rendere più semplice per gli organi di informazione, l'acquisto dei loro servizi; secondo gli autori (p. 22), essi li forniscono di centri in cui riunirsi,danno in anticipo ai giornalisti copie di discorsi o di rapporti futuri,programmano le conferenze stampa in ore adatte alle scadenze dei notiziari, scrivono lanci stampa in un linguaggio sfruttabile ,organizzano attentamente le loro conferenze stampa e sessioni fotografiche.D'altra parte i media diventano riluttanti a pubblicare articoli che potrebbero danneggiare gli interessi corporativi che forniscono loro le risorse dalle quali dipendono: È molto difficile dare del bugiardo alle autorità da cui si dipende, anche se mentono spudoratamente. La complessità di questa presunta relazione dà anche origine ad una "divisione morale del lavoro", in cui "i funzionari sono coloro che possiedono e forniscono i fatti", mentre i "reporter hanno il mero compito di riceverli da loro". Si suppone quindi che i giornalisti adottino un atteggiamento acritico in modo da accettare i valori corporativi senza sperimentare la dissonanza cognitiva.La risposta negativa Il termine "flak" (fuoco contraereo) è stato usato dagli autori per definire quegli sforzi mirati a screditare organizzazioni e individui che siano in disaccordo (o sollevino dubbi) con le assunzioni prevalenti, favorevoli al potere costituito. Mentre i primi tre fattori "filtranti" sono una conseguenza dei meccanismi del mercato, il flak è caratterizzato da sforzi concertati ed intenzionali per gestire l'informazione pubblica.L'ideologia Chomsky e Herman sostengono che, con la disgregazione dell'Unione Sovietica, si sia necessariamente persa l'enfasi principale del "sistema propagandistico", in questo caso l'anticomunismo, ed abbia bisogno di un sostituto. Chomsky e Herman sostengono che un possibile sostituto per l'ideologia centrale dell'anticomunismo sembra essere emerso nella forma di "anti-terrorismo", dove "terrorismo" viene grossolanamente definito come qualsiasi opposizione alla politica estera degli Stati Uniti.SintesiGli autori riassumono quindi così la loro teoria: essenzialmente, i media privati sono grosse aziende che vendono un prodotto (lettori e spettatori) ad altre imprese (i pubblicitari). I media nazionali tipicamente hanno come target e servono le opinioni d'élite, gruppi che, da una parte forniscono un "profilo" ottimale per gli scopi dei pubblicitari, e dall'altra prendono parte al processo decisionale della sfera pubblica e privata. I media nazionali non riuscirebbero ad andare incontro ai bisogni del loro pubblico elitario se non presentassero un ritratto tollerabilmente realistico del mondo. Ma il loro "scopo societario" richiede anche che i media riflettano gli interessi e le preoccupazioni dei venditori, dei compratori, e delle istituzioni governative e private dominate da questi gruppi.
GIORNALISTI:CDR LA7,INFORMAZIONE IN APPALTO E NOI LICENZIATI
(ANSA) - ROMA, 13 OTT - "Il risultato d'ascolto e' noto: 1,09 di share alle 20:30 dopo il Tg di La7 di domenica sera. Quanto costa a puntata 'La resa dei conti' e' quello che chiedono di sapere i giornalisti della tv del gruppo Telecom", lo chiede in una nota il Cdr di La7.
"Il programma condotto dal vicedirettore de Il Giornale, Nicola Porro, si occupa di economia ed e' prodotto dalla societa' Endemol - spiega la nota - un fatto paradossale e gravissimo alla luce della soppressione della redazione economica, del licenziamento di 25 giornalisti e del mancato rinnovo dei contratti a termine annunciato a fine settembre dall'amministratore delegato, Giovanni Stella, e dal direttore delle News, Antonello Piroso".
"Si tratta solo dell'ultimo caso di esternalizzazione di programmi informativi - dice il Cdr de La7 -, di norma costosi e a basso ascolto, alcuni dei quali addirittura mai andati in onda, voluti dai vertici avvicendatesi negli anni alla guida dell'azienda secondo logiche che nulla hanno a che vedere con un progetto industriale ed editoriale coerente all'altezza della terza tv nazionale. Anche le telecronache delle partite di calcio di Serie B, per le quali La7 detiene i diritti, sono oramai affidate a personale esterno".
"Una situazione inaccettabile per il Cdr di La7 - chiude la nota - che mercoledi' a fianco della Fnsi e delle associazioni regionali della stampa di Lazio e Lombardia, aprira' presso la Fieg a Roma il confronto sindacale con l'obiettivo del ritiro dei 25 licenziamenti".
E domani, martedi' 14 ottobre, al Senato, il senatore Vincenzo Vita e l'onorevole Giuseppe Giulietti presenteranno la lista dei 50 parlamentari che aderiscono all'appello per il reintegro dei 25 giornalisti de La7 licenziati. (ANSA).
Apc-Piazza Navona/Di Pietro: legalità va difesa da dittatura dolce. Nessuna contrapposizione col Pd ma contrastare con forza il Governo
Roma, 11 ott. (Apcom) - Antonio Di Pietro battezza piazza Navona come la "piazza della legalita e della democrazia" e sancisce così il suo ritorno alla battaglia "dura e pura" contro il governo della "dittatura dolce" ma il leader dell'Idv vuole evitare che diventi l'occasione per una nuova polemica con il Pd e perciò avverte: "Non c'è contrapposizione e l'anomalia non è tra due modi diversi di fare opposizione ma il modo poco democratico di stare al governo". La `maratona' per la raccolta delle firme, iniziata questa mattina alla 10 nel cuore di Roma, ha prodotto i suoi risultati, il leader dell'Idv si dice sicuro che "tra oggi e domani raggiungeremo le 500mila firme" necessarie per chiedere il referendum abrogativo sul lodo Alfano. Ma il ritorno in piazza dell'ex pm serve soprattutto a lanciare una battaglia "a 360 gradi contro il governo" accusato di mettere in atto una "dittatura dolce" per le misure sulla giustizia ma anche per quelle economiche e per sollevare l'attenzione sui rischi per la liberta di informazione. Per il suo discorso di chiusura Di Pietro chiama sul palco Stefano Ferrante, membro del Cdr di La7 che parla dei 25 licenziamenti decisi dall'azienda. "C'è bisogno di un'informazione libera - dice il leader dell'Idv - perchè se ci fosse stata non sarebbe stata spacciata come una riforma della scuola il taglio di 8 miliardi deciso dal governo". C'è soddisfazione per la partecipazione ottenuta, nonostante sia stata utilizzata solo meta della piazza, occupata in tutto il perimetro dai gazebo per la raccolta di firme, nel pomeriggio ci saranno state circa tremila persone: "Siamo più dell'altra volta, vuol dire che c'è un'Italia che non si arrende". Di Pietro ha evitato stavolta di ospitare personalita `scomode' come la Guzzanti o Travaglio perchè, spiega dal palco, "poi certa informazione parla di quelle cose e non della battaglia che stiamo facendo", infatti anche per l'intervento `virtuale' di Beppe Grillo F stato scelto un video di repertorio, spazio invece a tante cause di malcontento verso il governo: c'è il rappresentante dei piloti di Alitalia, Roberto Valenti, i lavoratori dell'ospedale San Giacomo che rischia la chiusura, i ragazzi di Locri. L'ex pm ha cercato poi di mantenere il contatto con il Pd dando la parola al costituzionalista Stefano Passigli, a Nicola Tranfaglia e infine, simbolicamente, ha firmato per il referendum insieme a Piergiorgio Gawronski, gia candidato alle primarie del Pd. Nell'intervento finale perci= Di Pietro ha spaziato oltre la battaglia del lodo Alfano, attaccando il governo su tutti i fronti, dall'Alitalia, alla spazzatura di Napoli, al decreto per fronteggiare la crisi finanziaria: "Non c'è un soldo per i risparmiatori". E ha lanciato l'allarme sui rischi di riduzione della democrazia perchè "in Parlamento non si ragiona si schiacciano solo bottoni, è un Parlamento di dipendenti che obbediscono perchè altrimenti non verranno ricandidati, un Parlamento suddito: un'altra pietra tolta alla democrazia. L'altro pilastro minacciato dal governo è la giustizia: il premier dice che il Csm non gli piace e vuole dividerlo in due mettendo un pezzo sotto il controllo del ministero dell'Interno, parla del giudice della Corte costituzionale che vuole scegliere tra le fila del suo partito, è aberrante". La conclusione è che "Berlusconi sta alla democrazia come Fede all'informazione, fate voi la tara". Il vero conflitto di interessi - attacca ancora Di Pietro - è dentro il Parlamento finchè ci sono persone che se non facessero i parlamentari sarebbero latitanti". L'emergenza dettata dalla crisi finanziaria perciò un motivo in più per scendere in piazza secondo il leader di Idv: "Se non ora quando, chi e dove se non a piazza Navona?". In piazza però non solo per protestare ma anche per dire "siamo un'alternativa possibile. Se fossi stato al governo la prima cosa che avrei fatto è colpire gli evasori con i conti in Lichtenstein". Ma stavolta, dice parlando ai Democratici, "non ci facciamo fregare, non diremo una parola contro gli alleati. Rispettiamo chi come il Pd ha deciso di aspettare la sentenza della Consulta sul lodo Alfano, non c'F una contrapposizione tra noi e il Pd, però lasciatemi fare quello che devo fare, risponderemo ai nostri elettori, ma non accettiamo rimbrotti e lezioni da nessuno" e anzi, aggiunge Di Pietro "il 25 saremo in piazza con il Pd anche per ricordargli che le manifestazioni si fanno contro il governo". E sulle ipotesi di dialogo l'ex pm mette la parola definitiva: "Non sono scemo e non dialogo con chi se gli dai un dito si prende il braccio".
La7: IDV a piazza Navona solidale contro i licenziamenti
(AGI) - Roma, 11 ott. - C'e' anche Stefano Ferrante, del Cdr del tg di La7, tra gli ospiti che salgono sul palco della manifestazione per la legalita', indetta a piazza Navona da Antonio Di Pietro. Il giornalista del Cdr dell'emittente tv incassa la solidarieta' della piazza per la denuncia di "25 licenziamenti, 25 famiglie che hanno perso il sonno, e che rappresentano il modo che e' stato trovato per farci piegare la testa, quello di imporre il licenziamento a chi non sta con chi comanda". Ferrante ricorda che "nella nostra azienda i manager hanno lasciato debiti con trasmissioni ed appalti esterni e addirittura l'amministratore delegato se ne e' andato con oltre un milione di euro di stipendio". L'intervento e' stato salutato da un applauso quando Ferrante ha concluso dicendo che si tratta "di una battaglia con il sapore della Costituzione ed i colori della Repubblica condotta da un telegiornale fuori dal circuito Rai-Mediaset e che entra nelle case di tutti senza abbonamento, con una voce libera e pluralista". (AGI)